La parola “pellegrinaggio” deriva dal latino “peregrinus ” che significa “viaggio verso un luogo sacro” o “viaggio in terra straniera
Il termine pellegrinaggio è stato utilizzato per descrivere i viaggi che le persone compivano in epoche passate verso luoghi considerati sacri, come santuari, basiliche e tombe di santi, al fine di pregare e rendere omaggio a questi luoghi.
Con il tempo, il concetto di “pellegrinaggio” si è esteso anche a viaggi verso altri luoghi sacri, come montagne sacre, fiumi e monumenti storici.
Oggi, il pellegrinaggio continua ad essere una tradizione importante in molte culture e religioni, e rappresenta un modo per cercare spiritualità, pace interiore e connessione con il passato.
I pellegrinaggi sono stati un evento di tale portata nella storia dell’Europa medievale da meritare di essere considerati da diversi punti di vista: religioso, culturale, artistico ed economico e le ripercussioni del pellegrinaggio in ognuna di queste aree sono state ampie e profonde.
Ma per essere adeguatamente compresi, i pellegrinaggi devono essere considerati nel quadro storico e culturale del periodo in cui sono sorti.
Occorre soprattutto collocare i pellegrinaggio nel contesto spirituale dell’uomo e della società europea nel Medioevo. Perché i pellegrinaggi, per quante sfere esistenziali toccassero, erano soprattutto un fatto religioso e qualsiasi approccio che ignorasse tale realtà sarebbe stato carente alla radice. Un fatto religioso, dunque, che va contemplato con un’adeguata conoscenza del suo ambiente: con la conoscenza del modo di essere del cristiano del Medioevo e anche con la conoscenza dell’ambiente in cui si è sviluppata la vita religiosa in Europa durante i secoli del cristianesimo.
È importante, infatti, riflettere sul significato che il pellegrinaggio ha avuto nella religiosità del Medioevo e sulle ragioni, gli obiettivi e persino gli stati d’animo che hanno spinto gli uomini – ogni uomo – a intraprendere l’avventura del pellegrinaggio; uomini specifici, uno per uno, ma così tanti che la somma delle decisioni individuali ha generato uno dei fenomeni religiosi e sociali più importanti dell’Europa medievale.
Proviamo ad avvicinarci al periodo in cui il fenomeno è nato e ai suoi abitanti, nel tentativo di cogliere il significato profondo e allo stesso tempo molto semplice che il pellegrinaggio aveva per il cristiano del Medioevo.
Il pellegrinaggio significava innanzitutto l’abbandono della propria casa, della propria cerchia familiare e della relativa sicurezza che l’uomo medievale vi trovava, per intraprendere un viaggio che in quei secoli era molto avventuroso, con tutti i pericoli, le privazioni e i disagi che comportava; e persino con un’alta probabilità per il pellegrino di morire durante il cammino e di non tornare più a casa.
Il pellegrinaggio aveva quindi un chiaro senso ascetico (una forma di vita che enfatizza l’autodisciplina, la rinuncia ai piaceri mondani e la dedizione alla spiritualità. ), era di per sé un prolungato esercizio di ascesi; un’ascesi la cui ispirazione ultima era la Bibbia, come ha sottolineato Baudoin de Gaiffier in una suggestiva introduzione allo studio dei pellegrinaggi medievali. Anche Abramo ricevette da Dio la chiamata a mettersi in viaggio, a lasciare la sua terra, il suo popolo e la sua casa, verso un’altra terra che il Signore gli aveva destinato (Gen. XI 1,1). E la vita del cristiano sulla terra non è forse tutta una peregnatio verso la Patria, non siamo forse tutti viaggiatori, vagabondi in un mondo in cui non abbiamo una dimora definitiva (cfr. Ebr. XI 11,14), seguendo le orme del Maestro, che non aveva dove posare il capo (cfr. Mt. VIII,20).
A questo punto, possiamo storicamente identificare tre tipologie di pellegrinaggio:
- il pellegrinaggio permanente;
- il pellegrinaggio penitenziale;
- il pellegrinaggio religioso.
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Il pellegrinaggio come condizione permanente
Questa radicale componente ascetica di ogni pellegrinaggio spiega l’emergere dell’idea di perpetua peregnnatio (viaggio-pellegrinaggio permanente), che si cristallizza nei primi secoli del Medioevo.
Il pellegrinaggio può essere concepito non solo come un episodio isolato, un viaggio più o meno lungo in un luogo più o meno remoto; potrebbe anche essere concepito come una situazione permanente, uno stato di vita.
Tuttavia, la tradizione dominante nella spiritualità cristiana occidentale non era favorevole all’ascetismo itinerante. L’Occidente monastico era decisamente favorevole alla solitudine e alla stabilità.
Il monachesimo celtico era un’eccezione. I monaci celtici dell’Irlanda e della Scozia del VI e VII secolo avevano un temperamento avventuroso, in contrasto con una vita sedentaria e regolare all’interno delle mura di un monastero. Tra questi monaci si diffuse la peregnnatio pro Christo, propter Deum, “per amore del Regno dei Cieli”, una forma di rinuncia ascetica che li portava a compiere un pellegrinaggio senza sosta per tutta la vita, senza mai tornare in patria.
Nel monachesimo celtico troviamo il pieno riconoscimento del pellegrinaggio come status, come stile di vita stabile. Ma il monaco pellegrino non si limita a camminare sempre, ma annuncia la parola di Dio agli sconosciuti che incontra lungo il cammino. In questo modo, il monaco celtico itinerante divenne sia predicatore che missionario. L’apostolato missionario di questi asceti celtici portò l’annuncio del Vangelo prima ai popoli pagani della vicina Scozia e poi, con San Colombano e San Gallo, nel cuore del continente europeo, appena cristianizzato.
I monaci pellegrini celtici erano uomini dell’avanguardia cristiana e la loro missione era più quella di annunciatori del Vangelo che di organizzatori di strutture ecclesiastiche. Questo compito sarebbe stato di altri uomini e di un altro momento storico. Ma non c’è dubbio che gli asceti itineranti, i pellegrini apostolici delle isole britanniche, occupano a buon diritto un capitolo di eroismo nella storia della cristianizzazione dell’Europa barbarica. Il “pellegrinaggio perpetuo” – abbiamo appena visto – costituiva un peculiare stato di vita consacrato all’ascesi.
Ma è giunto il momento di occuparsi del pellegrino medievale nel senso proprio del termine: il cristiano che diventa temporaneamente pellegrino, e per il quale il pellegrinaggio è un episodio che riempie solo un’ora della vita. Tra questi pellegrini, tuttavia, c’era una categoria ben distinta dai pellegrini comuni e che aveva alcune analogie con i pellegrini perpetui: quelli che facevano un pellegrinaggio penitenziale. I pellegrinaggi penitenziali, studiati modernamente da Cyrille Vogel, si distinguevano nettamente dai semplici pellegrinaggi religiosi, anche se questi ultimi venivano effettuati in uno spirito di penitenza e mortificazione cristiana.
Il pellegrinaggio penitenziale
Come indica la parola, il pellegrinaggio penitenziale era imposto come punizione espiatoria agli autori di grandi crimini o di grandi peccati. Nella storia della disciplina penitenziale cristiana, il pellegrinaggio penitenziale divenne l’equivalente della penitenza pubblica e fu spesso imposto a persone che per la loro stessa condizione – chierici, monaci – non potevano assumere lo status di penitenti pubblici.
La penitenza pubblica – come è noto – era una condizione di vita, che spesso durava per lunghi anni, al termine della quale il penitente riceveva il perdono sacramentale e si riconciliava con la Chiesa.
Anche il pellegrinaggio penitenziale aveva, all’inizio, una nota molto marcata di temporaneità. Consisteva nel camminare senza meta, ma senza riposo, per il tempo indicato dal vescovo o dal confessore che imponeva la penitenza. Sempre in marcia in uno stato di insicurezza cronica, impotente di fronte a qualsiasi pericolo. Era un pellegrinaggio che non portava da nessuna parte, ma che durava un certo tempo.
Questo tempo pellegrinaggio poteva essere lungo, a giudicare dal modello delle litterae tractoriae nelle “Formulas de Sens”, in cui la durata del pellegrinaggio era di sette anni.
Le litterae tractoriae erano il certificato – il salvacondotto – che attestava la condizione penitenziale del pellegrino; venivano rilasciate dal vescovo e questo documento riportava non solo la durata della penitenza, ma anche il reato commesso.
Il pellegrinaggio penitenziale era talvolta reso ancora più gravoso dalle condizioni in cui doveva essere effettuato quando l’enormità del crimine commesso lo richiedeva.
Ci sono stati pellegrini che hanno camminato per anni, a piedi nudi, vestiti di stracci e con catene. Una forma di pellegrinaggio penitenziale, tipica delle cristianità insulari, era il pellegrinaggio per mare.
La famosa “Navigazione di San Brendan” è il resoconto del pellegrinaggio per mare dell’abate del monastero di Confien, in espiazione della morte del fratello. Un’epopea che valse a San Brendano un’ampia popolarità e un culto che si diffuse lungo le coste europee, dal Baltico al Mediterraneo.
Il pellegrinaggio penitenziale subì una grande trasformazione a partire dal IX secolo. I penitenti, invece di vagare senza meta lungo le strade della terra o del mare, cominciarono a dirigere i loro passi, come altri pellegrini, verso famosi santuari o tombe di santi come il Cammino di Santiago.
Da allora Roma divenne sempre più meta di pellegrinaggi penitenziali. Ciò è legato all’estensione della giurisdizione del Papa in materia penitenziale, cioè all’estensione della cosiddetta “riserva dei peccati”. I crimini più gravi divennero peccati riservati al Papa, di cui solo lui poteva concedere l’assoluzione. I pellegrini penitenziali prendevano ora la strada per Roma, dove il Romano Pontefice o il suo Penitenziere Capo avrebbero concesso loro il perdono e la riconciliazione, che potevano trovare solo lì.
Il pellegrinaggio religioso
Ma passiamo ora al pellegrinaggio puro e semplice, senza aggettivi, che era senza dubbio quello intrapreso dalla grande maggioranza dei pellegrini medievali: un pellegrinaggio che non voleva diventare uno stato di vita, né era una dura penitenza imposta per riparare a un grave peccato, a un grande crimine.
È il “pellegrinaggio religioso“, così chiamato perché le sue motivazioni erano soprattutto la pietà e la devozione. Possiamo presumere – come abbiamo detto – che la grande massa di pellegrini che viaggiavano attraverso l’Europa, in direzione di Santiago de Compostela, Roma o Gerusalemme, fossero questi “pellegrini religiosi”.
Proviamo ad avvicinarci a loro, a contemplarli da vicino, a cercare di scoprire le strade che hanno percorso, a indagare sul loro stato d’animo e sui motivi che li hanno spinti a intraprendere la grande avventura ascetica della loro vita.
Quando il Medioevo aveva già superato il suo momento stellare, Dante Alighieri– il suo massimo esponente letterario – fece una classificazione dei pellegrini, che dimostra come ai suoi tempi lo schema ideologico del pellegrinaggio medievale fosse già perfettamente delineato.
Nella “Vita nuova”, la più antica delle sue opere minori, Dante stabilisce tre categorie di pellegrini, a seconda del santuario a cui si recavano:
- i “palmiers” – “palmieri” – che si recavano oltremare, cioè nei Luoghi Santi, e da dove spesso portavano come souvenir le palme che davano loro il nome;
- i “pellegrini” – “romieri” – che si recavano a Roma, per compiere il loro “pellegrinaggio”;
- i semplici “pellegrini” – “peregrini” – che sembrano essere i pellegrini per eccellenza e che, nelle parole di Dante – e il fatto è abbastanza significativo – sono “quelli che vanno in Galizia, alla casa di Santiago“.
Ma è passato molto tempo prima che il quadro sistematico dei pellegrini fosse così ben definito.
Quando Dante scriveva, il pellegrinaggio cristiano aveva già una lunga storia; erano quasi mille anni che i pellegrini cristiani percorrevano le strade del mondo. Se prendiamo ancora una volta come guida l’utilissimo schema di Baudoin de Gaiffier, possiamo stabilire che i punti di destinazione verso i quali i pellegrini si recavano erano fondamentalmente questi: innanzitutto i luoghi sacri della geografia cristiana, quelli particolarmente santificati da Dio, tra i quali il primato indiscusso spetta alla Terra Santa, la terra dove il Figlio di Dio è nato e vissuto, dove è morto e risorto, i Luoghi Santi dove si è compiuta la redenzione dell’umanità e poi il principale pellegrinaggio europeo: il Cammino di Santiago.
I pellegrinaggi più famosi
I pellegrinaggi sono stati una parte importante della vita spirituale per molte culture e religioni in tutto il mondo. Oltre al Cammino di Santiago esistono altri famosi pellegrinaggi:
Il pellegrinaggio a Gerusalemme – Gerusalemme è una città sacra per molte religioni, in particolare per l’ebraismo, il cristianesimo e l’Islam. Il pellegrinaggio a Gerusalemme è un momento di rinnovamento spirituale e di connessione con la propria fede per molte persone di tutto il mondo.
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Il pellegrinaggio alla Mecca – Questo pellegrinaggio è molto importante per i musulmani e attira milioni di pellegrini ogni anno alla Mecca in Arabia Saudita.
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Il pellegrinaggio a Varanasi, India – Varanasi è una città sacra per i seguaci delle religioni induiste e buddhiste, e il pellegrinaggio a questa città è considerato un momento di rinnovamento spirituale e di purificazione.
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Il pellegrinaggio a Roma – La Basilica di San Pietro a Roma è un luogo importante di pellegrinaggio per i cristiani, e il pellegrinaggio a questa basilica è considerato un momento di connessione con la propria fede e la storia cristiana.
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Il pellegrinaggio a Lourdes, Francia – Lourdes è un luogo di pellegrinaggio importante per i cristiani, poiché si dice che la Vergine Maria sia apparsa a Santa Bernadette Soubirous in questa città nel 1858.
Questi sono solo alcuni dei pellegrinaggi più importanti della storia e ci sono molte altre destinazioni spirituali importanti in tutto il mondo che attirano pellegrini da molte culture e religioni diverse.